Un teatro di narrazione contemporaneo per fare i conti con un tragico evento del presente
Il racconto non solo di una città, non solo di un incidente, ma di un intero sistema-paese fallace.
Pietro Giannini ne La traiettoria calante racconta un evento catastrofico in cui tutti hanno fatto la loro piccola parte, lucrando oppure semplicemente distraendosi: è la storia del ponte Morandi, narrata finalmente per intero, senza silenzi o omissioni. Non si parla infatti di un paio di sviste, ma di una lunga serie di scelte corrotte, prese alla leggera, pensate da una classe (pubblica e privata) a cui interessa solo il proprio rendiconto, in cui la vita degli altri è solo la voce tagliabile di un bilancio finalizzato al massimo profitto.
Pietro Giannini si inscrive nella nobile tradizione del teatro civile, ripensandola con ritmi e modi contemporanei; lo spettacolo parte infatti come un monologo informativo dal ritmo serrato e dall’ironia diretta, per poi arrivare nel finale a uno squarcio autobiografico. L’attore condivide infatti la propria esperienza – il giorno dell’incidente poteva essere sul ponte, con sua padre – e svela così i motivi per cui ora si trova sul palco a parlare della vicenda. Il tono resta per tutta la durata discorsivo e informale, con un fitto e coinvolgente dialogo con gli spettatori, reso più immediato dalle luci sempre accese in sala. Nella scena vuota, risalta solo un trita-documenti dove la verità e gli avvertimenti degli esperti vengono fatti a brandelli. In fondo, sullo sfondo, viene proiettato il percorso di un’autostrada: il video lascia al pubblico la sensazione di trovarsi in una delle macchine che percorrevano quel giorno il tratto autostradale e rendendolo consapevole che quella medesima fine sarebbe potuta accadere ad ognuno di noi. La luce che ti arriva alle spalle è come una sorte che incombe, l’approssimarsi di un evento inatteso mentre sei impegnato a vivere la tua vita.
Alice Bolgiani